Stagione1977-78:
La Roma compie mezzo secolo o di pił?
Arriva l'uomo col colbacco
A sostituire Liedholm c'é Gustavo Giagnoni. Che rivoluziona tatticamente
la squadrafacendola giocare in modo ardente e aggressivo. Non sarà capito
e non avrà tempo per completare l'opera.
Nell'estate del '77, la Roma festeggiò i suoi cinquant'anni. Ma che
età aveva in realtà, la Roma? Celebrava il suo 1927, o il 1908
della Fortitudo, il 1907 dell' Alba o il 1903 del Roman? O addirittura il 1901
del Foot-ball Club Roma che, risalendo la storia secondo itinerari precisi,
fa dell'A.S.Roma la più antica società calcistica romana? Noi
precedentemente- abbiamo proposto l'interrogativo come una provocazione, ma
l'argomento merita una valutazione più profonda.
Nell' A.S. Roma, c'erano il nome (quasi identico), i colori, le bandiere, la
sede sociale, i giocatori del giorno prima, cioè del Roman diventato
Roma. Se non si vogliono vedere le cose con la giusta e talvolta nobile faziosità
che vivifica il calcio, fino a quando non diventa sopraffazione e lo ferisce,
è difficile negare alla Roma una continuità della linea di sangue.
Non si riesce a capire come possa essere annullata una tradizione come quella
delRoman o della Fortitudo o dell' Alba. Attilio Ferraris, non era sempre lui?
Indossava una maglia azzurra con i bordi rossi, era il capitano di una squadra
di grande temperamento; un giorno gli hanno detto: la tua maglia è rossa
con i bordi gialli, ma gli uomini da portare all'assalto sono sempre gli stessi,
più altri di ugual tempra. E allora, come è possibile cancellare
Ferraris IV e la Fortitudo tutta? E il Roman che non ha assolutamente cambiato
niente, dopo aver tolto l'ultima consonante al suo nome? Federalmente, l'A.S.
Roma è nata nel 1927, ma federalmente il Foot-ball Club Roma è
nato quando la Podistica Lazio nemmeno sapeva che esistesse un pallone. Fossimo
noi dirigenti romanisti, il prossimo luglio organizzeremmo le feste per la celebrazione
del 940 anniversario della società: in onore della Roma figlia ma anche
della Roma dei genitori e dei nonni, che avevano già riempito delle loro
imprese le cronache romane e nazionali (l' Alba e la Fortitudo disputarono più
volte la finale per il titolo italiano). Una Consulta Araldica non avrebbe dubbi:
la Roma di oggi è la stessa Roma di ieri: quella che sia chiamava Roman,
Alba, Fortitudo. Cinquanta o più, quello fu un agitato anniversario.
GaetanoAnzalone si trovava davanti ad un realtà inquietante: il suo progetto
di Roma-giovane stava fallendo. Nils Liedholm se ne era andato al Milan ed ecco
spiegato tutto: i suoi distacchi, le indifferenze, certi lunghi silenzi. Non
aveva reagito alle provocazioni della stampa, non aveva protestato per gli atteggiamenti
riservati di Anzalone che sembrava guardare con indifferenza (del tutto apparente)
allo svolgimento - dei fatti. In realtà il presidente sistava convincendo,
giorno dopo giorno, che un Liedholm così distratto (poi si è scoperto
che c'era il Milan nella sua testa) non sarebbe stato compatibile con ulteriori
piani di potenziamento. Ecco perchè si cominciò a parlare, molto
prima che il campionato si concludesse, di un nuovo allenatore.
Era Gustavo Giagnoni, il nuovo responsabile tecnico: e la sua nomina -anche
questo dà l'idea del confuso momento- aveva provocato ruvidi scontri
in seno alla dirigenza, che poi si era allineata compatta in una artificiosa
unanimità ad uso esterno. Alcuni consiglieri avrebbero preferito affidare
la squadra a Pippo Marchioro. Giagnoni era «l'allenatore con il colbacco».
Il copricapo adatto alle umidità del nord, per lui sardo abituato ad
un sole che non tramonta, era diventato un amuleto: lo portava anche in allenamento.
Giagnoni si era guadagnato una certa notorietà soprattutto alla guida
del Torino. Aveva il carattere sanguigno della sua gente, a Roma sarebbe venuto
anche gratis. Ce lo spiegò con estrema sincerità: la sua carriera
era in una delicata fase di transizione, allenare la Roma rappresentava un'
occasione irripetibile. Ci mise un impegno fanatico, ma non gli andò
bene. Quale fu il suo errore? Semplice: condurre ad un gioco giovane, ardente,
aggressivo, una Roma che Liedholm aveva faticosamente iniziato ai misteri del
gioco a «ragnatela»: prolungato possesso del pallone, improvvise
aperture offensive. Giagnoni volle fare tutto il contrario, non trovò
gli uomini preparati e non gli diedero il tempo. Quel suo 1977/78 approdò
ad un ottavo posto che era il replay della classifica di Liedholm. Il 1978/79
avrebbe segnato la fine del sogno romano dell'uomo con il colbacco. Ma attenzione,
adesso: stiamo attraversando un guado difficile, nella storia della Roma. Siamo
nel pieno di due stagioni - 1978 e 1979 - che hanno portato alla grande svolta,
che hanno messo la Roma sulla rotta giusta: «direzione scudetto».
Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport
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